Ho letto di recente un articolo di Mordini, V. e colleghi sul volume 10/2 di Cognitivismo Clinico sul Burnout e la relazione con empatia e regolazione emotiva. La sindrome da Burnout è ben studiata in letteratura, ma gli autori di questo ricerca sottolineano una variabile nuova fra i fattori di protezione nei confronti di questo disturbo: l’agire consapevole. Questa scoperta ha aperto scenari di prevenzione innovativi e promettenti.
Vediamo brevemente cos’è il Burnout, come si manifesta e quali sono alcuni dei fattori che predispongono o proteggono una persona da questa sindrome. Il Burnout è una sindrome non facilmente inquadrabile in termini di criteri diagnostici e componenti funzionali, risulta comunque essere caratterizzata da almeno quattro dimensioni problematiche nel funzionamento della persona in ambito lavorativo con conseguenze sulla vita extra lavorativa:
1 – L’esaurimento emotivo. Il lavoratore ha sensazione di svuotamento ed inaridimento emotivo, nonché di progressivo sfinimento fisico. Non riesce a recuperare energie emotive, empatiche, motivazionali e fisiche. Spesso queste sensazioni sono collegate alle richieste considerate eccessive in ambito lavorativo.
2 – La ridotta realizzazione personale. Il lavoratore si sente sempre incompetente nei confronti delle richieste contingenti, come se non avesse le risorse personali per farvi fronte. Questo non è dovuto solo all’esaurimento emotivo, sicuramente un fattore che ha un ruolo, ma piuttosto, qua, se ne vuole sottolineare la relazione con un livello di autostima notevolmente abbassato. Si abbassano anche la motivazione al successo e la frequenza lavorativa. L’assenteismo è un sintomo comportamentale frequente dovuto sia condizioni psicologiche che fisiche.
3 – Perdita di capacità di controllo. Il lavoratore non riesce più ad attribuire al lavoro, e alle esperienze collegate, la giusta dimensione e collocazione nella propria vita. Nel bilancio generale il lavoro e le esperienze lavorative (stressanti) risultano sproporzionate. A questo si associa la sensazione di non riuscire mai a staccare mentalmente dal lavoro o dall’ambiente lavorativo per “riposarsi”.
I segni e i sintomi della sindrome da Burnout non sono chiaramente delimitabili ad un numero preciso o una precisa intensità. Infatti il Burnout è considerato un processo stressogeno che porta lentamente da uno stato di disagio e di malessere interno, ad una espressione di alterazioni di variabili quali ansia (alta) e umore (basso), problemi di somatizzazione tipici dell’ansia (es. insonnia), fino a manifestazioni psicologiche e comportamentali tipiche di quadri nevrotici o depressivi.
Si possono individuare alcune variabili collegate alla probabilità di insorgenza della sindrome da Buornout: età (giovani più soggetti); sesso (donne più soggette); stato civile (single più soggetti); turnazione lavorativa (la turnistica è un fattore di rischio); sovraccarico lavorativo (carichi lavorativi eccessivi sono un fattore di rischio); salario (stipendi molto bassi sono un fattore di rischio); altre variabili contestuali (es. la poca o mala organizzazione dell’ambiente lavorativo è un fattore di rischio); l’abilità personale di agire con consapevolezza è invece un fattore di prevenzione; il tipo di lavoro (lavori di aiuto sono un fattore di rischio).
Il fatto che la sindrome da Burnout si configuri come un processo nel quale il disagio interiore accresce fino ad esternalizzarsi e dar luogo a quadri clinici importanti, suggerisce che, come spesso accade, prima si interviene meglio è. Infatti intervenendo tempestivamente si è in grado di frenare il processo intervenendo sui fattori di rischio e di protezione come la gestione dello stress, lo stile comunicativo (vedere assertività), la consapevolezza del proprio agire (vedere Mindfulness), il livello di autostima, variabili contestuali. Se la sindrome è conclamata, è valutabile, da parte di un esperto, l’opportunità di intervenire anche, o prima, sul quadro clinico emerso, che potrebbe essere un disturbo d’ansia o dell’umore.